Dolores O’Riordan, il folletto ribelle del rock

Dolores O'Riordan - Irlanda che Passione

Una voce inconfondibile, Dolores, una voce che riconoscevi tra mille, dolce ma graffiante, spirituale eppure tagliente, capace di unire in una sola armonia le sonorità ancestrali della sua terra con quelle più dure e frenetiche del rock.

Un’artista schiva, Dolores, quasi spaventata dalla sua stessa fama, fisicamente minuta, e forse emotivamente anche fragile, riservata nel parlare di sé, timida nel rilasciare un’intervista ma poi inarrestabile sul palco, quando, davanti al microfono, sembrava fondersi in un corpo unico con la sua chitarra, tanto che ti chiedevi come potesse sprigionarsi tutta quella energia da una donna che sembrava una bambola.

Un’icona, Dolores, piccola dea d’oro in Zombie (No Need to Argue – 1994), cruda denuncia della violenza nel conflitto nord-irlandese, un brano unico nella discografia dei Cranberries, eterea appartenente al popolo delle fate in Animal Instinct, aggressiva e rabbiosa  in Promises   (entrambe tracce in Buy the Hatcher – 1999).

Dolores Mary Eileen O’Riordan, classe 1971, entra a far parte dei Cranberries nel 1990, voce e frontwoman del gruppo, ma anche autrice dei loro brani, insieme al chitarrista Noel Hogan.

Sono quelli gli anni del grunge, dell’alternative rock, di uno scenario in continua evoluzione, e la band di Limerick, dopo l’esordio al seguito dei Suede nella loro tourneé americana e un primo album “Everybody Else is doing the Same, So Why Cant’t We?”, raggiunge le prime posizioni delle classifiche britanniche con “No Need to Argue”, probabilmente il suo lavoro più di impatto, un insieme di temi autobiografici e sociali, trovando la propria identità musicale in un perfetto equilibrio tra il celtic rock e il dream pop, in cui il modo di cantare di Dolores richiama la tradizione irlandese séan-nos, la voce antica dell’Irlanda.

Una  Dolores carismatica, trascinante e accattivante per il pubblico, ma anche pervasa da un profondo malessere esistenziale, le cui influenze si ritrovano in “To the Faithful Departed”(1996), da un’inquietudine che la porta presto a cercare una sua strada da solista e a riunirsi poi con il gruppo quando sembra che quella strada sia ormai perduta.

Fino al 15 gennaio scorso, blue Monday quasi emblematico.

Una “terribile bellezza”, Dolores, come in una poesia di Yeats.

E se, tra gli omaggi di migliaia di fan, la dedica più commovente è stata quella dei suoi Cranberries, “The song has ended but the memories linger on” (la canzone è finita ma i ricordi persistono), sarà comunque facile ricordarla e ritrovarla sempre nelle parole di Giuliano Sangiorgi : «Ti ho vissuta sempre come un sogno. Lo sapevo che non avrei dovuto farlo. Avrei dovuto viverti come un giorno qualunque. Da sveglio, sveglissimo… Ma queste lacrime non sono più un sogno. Ti ho intrappolata dentro. Era tutto vero. Sei passata nelle nostre vite e lì rimarrai per sempre».


Myriam Fioravanti

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